Pasqua a Gerusalemme nel 1862

Pasqua a Gerusalemme nel 1862

Nel 1864 apparve a Milano il primo numero della rivista “Il giro del mondo” diretto da Edoardo Charton e Emilio Treves.

 

La rivisita faceva sapere che “l’intendimento è di far conoscere le scoperte geografiche e i viaggi dei nostri tempi, più degni di fede, più ricchi di interesse, per l’immaginazione e per lo studio; di mostrare con una serie svariata e universale di Relazioni, lo spettacolo vero e animato della natura e del consorzio umano su tutta la superficie del globo.”


Il giornale era arricchito da illustrazioni eseguite dai più celebri artisti.

 

Tra le prime Relazioni non poteva mancare quella di un Pellegrinaggio a Gerusalemme del Signor Deville, francese, che, su invito della nipote suora nel Convento di Nostra Dama di Sionne,  si reca in Terrasanta nell’anno 1862. 


Al rientro, su sollecitazione di Treves, racconta ciò che vide a Gerusalemme durante la Settimana Santa.

Il racconto è diviso in capitoli: ecco allora alcuni brani tratti dal resoconto di Deville che, dopo essere passato a Parigi per ottenere il passaporto partì da Marsiglia per Giaffa:

 

I

Il viaggio

“…non si arrischiarsi, mi diceva il Signor Alfredo di T****, a por piede in Oriente senza pericolo di vita, a meno di essere armati come dragoni e vestiti da Maomettani” 

Alfredo si stupiva che il Signor Deville non comprasse ne spade ne armamenti e “..si fece di bragia quando (Deville ndr) risposi ch’io non andavo a Gerusalemme per passare colà il Carnevale….. Ad ogni modo mi parve ragionevole di seguir il suo esempio nel comperare alcune camicie di cotone, un po' di chinino e d’arnica.”

 

Sul piroscafo

Giunto al porto di Giaffa dopo 10 giorni di navigazione il nostro si apprestò a raggiungere Gerusalemme impiegando un giorno e una notte di viaggio.


Gerusalemme  scrive“…si scorge dall’alto solitaria, incoronata di bastite e solennemente arida come il paesaggio che la circonda.”

 

II

Gerusalemme durante la Settimana santa

“Dinanzi a questa celebre città mi sentii veramente commosso. Questa volta in ciò ch’io sentiva v’era certo alcun che di quei severi affetti che, a tale spettacolo, deve provare ogni uomo serio e di buona fede, pensando all’influenza straordinaria esercitata per diciannove secoli da questo punto della terra sui destini dell’umanità.

Non trovando nella città molti cattolici il pellegrino Deville si domanda perché per diciannove secoli i Latini “…tanto superbi della loro superiorità sopra le altre nazioni, non abbiano mai saputo, né  colla forza né con trattati politici o in qualsivoglia altra guisa, impadronirsi stabilmente della loro capitale religiosa.”

 

Tali ragionamenti li faceva, a voce alta, durante la cena nella sala ristorante. 

Un commensale, stante la foga con cui il Signor Deville, espresse le sue idee rispose così: “i Latini, mio caro Signore, non si danno molto pensiero di ciò che avviene in questo paese. 

Essi preferiscono andare in pellegrinaggio a Roma o alla Madonna di Loreto, di quello che a Gerusalemme. 

Nel 1808 il santo sepolcro fu danneggiato dal fuoco. Chi lo fece restaurare o signore? Forse i Latini? Nemmeno per sogno. I greci, soltanto i Greci ebbero quest’onore”.

 

Il racconto prosegue con una breve ed interessante divagazione storica su papato e patriarcato che enuncia che la chiesa greca si diversifica dalla Chiesa Latina per tre punti capitali:

“ 1° la Chiesa greca non riconosce la superiorità del Papa

2° I Greci celebrano la comunione sotto ambe le specie, mentre i Latini non la celebrano che sotto la specie del pane

3° la Chiesa greca fa procedere lo Spirito santo dal solo Padre; e la Chiesa latina, dopo il regno di Carlo magno, lo fa procedere dal padre e dal figliolo.”

 

Il pellegrino riflette che, queste piccole cognizioni storiche saranno molto utili per comprendere ciò che avviene in questa città.

 

La narrazione prosegue con il racconto di cosa accade durante la Settimana Santa.

Alla fine si giunge alla narrazione del Sabato Santo quando “…il tempio è stipato di greci, d’Armeni, di Cofti, d’Abissini, di Negri, d’Indiani, d’uomini insomma d’ogni paese, d’ogni colore, vestiti nelle più bizzare e diverse fogge del mondo”

Tutti si accalcano per la distribuzione del fuoco sacro che origina nel santo sepolcro.

 

Bellissima la descrizione della numerosissima folla che lo attende: i militari del Pascià a forza di sciabolate di piatto ottengono che il Patriarca Greco e quello Armeno entrino in Basilica e nel sepolcro dove pochi minuti dopo l’ingresso del Patriarca greco, spogliatosi degli ornamenti, il fuoco appare “…alle due finestre ovali aperte nel muro della cappella dell’Angelo, che serve di vestibolo al Santo Sepolcro; quella a destra è dei Greci quella a sinistra degli Armeni.”

 

Il fuoco viene passato e “in un momento il fuoco si propaga per le gallerie superiori in mezzo alle grida degli astanti e al suono delle campane”.

 

In possesso del fuoco sacro “greci e armeni si affrettano a farlo passare su tutte le membra del loro corpo per purificarsi. Gli uomini passano rapidamente la fiamma delle torcie sulla barba, sul collo sul petto; essi sostengono che non abbrucia.

E le donne ad imitarli ma con vie più fanatismo e passione; sembrano baccanti invasate dal nume…

La nostra Chiesa cattolica non crede a codesto miracolo, di cui la Chiesa greca attribuisce a sé sola il privilegio. ”

 

Deville narra un aneddotto: nel 1825 il Pascià di Gerusalemme, dubbioso del miracolo dell’apparizione del fuoco, si chiuse nel santo sepolcro col Patriarca. 

Il tempo passava ed il fuoco non veniva seppur il Patriaraca lo invocava a gran voce, anzi schiamazzando. 

Il pascià stava per adirarsi quando il Patriarca lo convinse dicendo che, se avesse parlato, non sarebbero più giunti pellegrini a Gerusalemme e nessuno avrebbe più visto un soldo e quindi come avrebbe potuto sostenersi Gerusalemme?
con questa affermazione termina la narrazione del Sabato Santo. 

 

La Domenica santa

“La Domenica santa i Latini pregano quasi soli nella chiesa del Santo sepolcro. 

Si celebra il mattutino a mezzanotte, e l’officio divino, che comincia alle otto ore, verso il mezzogiorno è interamente compiuto. Un solo particolare della solennità di questo giorno ha un carattere speciale. I fedeli depongono sopra il santo sepolcro le palme e le riprendono quando sono benedette.

I Greci si disperdono per la città o si mettono in via per andare a Betlemme o sulle rive del Giordano; per essi, dal momento che ottennero il fuoco sacro, tutto è finito.

Ma non s’allontanano dalla Palestina senza portar seco le prove materiali del fatto pellegrinaggio.

Ognuno riceve dai monaci un certificato. Alcuni si fanno tracciare con aghi e polvere da schioppo selle braccia e sul petto le immagini della croce, della lancia e le cifre di Gesù e di Maria.”

 

Il Deville conclude dicendo che “Questi, fra i miei ricordi, sono quelli che mi paiono più adatti al vostro giornale”.

 

Tratto da “il Giro del mondo” volume I - ed 1863-64 pagg 401-416