Paradiso in Lombardia

Paradiso in Lombardia

Esiste un lembo di paradiso in Lombardia?

Quando si va in costa azzurra narrano che agli Angeli, al momento della creazione, fu dato il permesso di costruire un angolo di paradiso a loro piacimento e gli Angeli crearono  la baia omonima (oggi a Nizza). Ma lo si racconta anche di altre località sparse per il mondo.

 

E allora perché non potrebbe esserci, in Lombardia, un angolo di bellezza voluta dagli Angeli? 

Ed infatti questo angolo esiste!

 Dove? Beh se leggerai fino in fondo l’articolo lo saprai!

Parto con la narrazione dai ponti di barche, beh barche…più che barche zattere in cemento, che venivano e vengono costruiti quando bisogna, velocemente, permettere a mezzi e persone di attraversare un fiume.

Nella pianura padana ce ne erano più di uno di ponte di barche sia su fiumi minori che sul grande fiume il Po: furono gettati sin dall’inizio del XX secolo e aumentati di numero durante la II° guerra e li rimasero, almeno fino agli anni 80,  e credo che, il più conosciuto, almeno in Lombardia occidentale, sia quello di Bereguardo.

 

Io ne ricordo, in particolare, uno, grandioso, da Castelmassa a Sermide sul fiume Po la cui immagine si trova al Museo MamBo: era lungo, infinito e attraversavi il fiume a pel d’acqua. Per me, cresciuto a pane e “il Mulino del Po” scritto da Riccardo Bacchelli tra il 1938 e il ’40 in tre libri – Dio ti salvi, La Miseria viene in barca e Mondo vecchio sempre nuovo – navigare le acque del Po era camminare a braccetto con lo Scacerni il protagonista del primo libro.

Poi il ponte di Sermide fu sostituito con un imponente ponte in cemento e acciaio e, per associazione, ritenevo che i ponti di barche fossero scomparsi ed invece, un giorno che vagavo per la pianura lombarda in cerca di luoghi unici, mi imbattei in un ponte di barche, forse l’unico rimasto in Lombardia orientale, là dove il fiume Oglio, dopo breve percorso, confluisce nel Po.

Il ponte è a Torre d’Oglio e rientra nel parco dell’Oglio Sud

Il ponte non è lungo ed infinito è un “ponticello” fatto da una decina di zattere messe una dopo l’altra ma la sbarra all’ingresso per dirigere il traffico, il tipico rumore di catene e assi che sbattono e soprattutto la mobilità che permette al ponte di salire e scendere seguendo le piene del fiume c’è tutta.

Attraversarlo può dare comunque quella scossa adrenalinica che fa provare sensazioni nuove ma ciò che colpisce del luogo è la pianura quella pianura lombarda solcata da fiumi i cui argini non sono stati ancora imbrigliati. Dove, in periodo di magra, emergono lingue di sabbia che diventano spiagge assolate rinfrescate dalla brezza generata dalle acque più fresche che fa volteggiare l’aria.

Questo è quell’angolo di paradiso lombardo, forse, fatto dagli Angeli.

In quel paradiso, il parco dell’Oglio Sud, consiglio di passare almeno un giorno e, se possibile, due giorni e meglio ancora tre.

Perché?

Ma perché la Pianura Padana merita di essere riscoperta e conosciuta.

Ad esempio ricordi la pianura narrata nel film “Chiamami col tuo nome”?  Ebbene lì la pianura è intrisa di bellezza con rogge e canali, campi e castelli ed ha un sapore tranquillo e grasso come del resto Zavattini, scenografo e regista racconta in tante sue sceneggiature.

Tra l’altro Zavattini era assiduo frequentatore, a Villastrada di Dosolo (di cui consiglio la visita del cimitero) , del ristorante Nizzoli il cui piatto forte sono i tortelli fatti con quella zucca verde, dolce e morbida in bocca, che venuta dall’america si è ambientata così bene nella sabbiosa pianura della padanìa.

Come sia oggi il ristorante non so, ci sono andato anni fa ed i tortelli, ricetta mantovana, erano ottimi. Al tempo Arneo Nizzoli istrioneggiava nel ristorante e si divideva tra la cucina e la sala.

Di Arneo Nizzoli vale la pena conoscere la storia (il ristorante aprì i battenti nel 1963) ed avere il suo libro “il cuoco sono me” edito nel 2006 in cui riporta 64 ricette tipicamente padane non contaminate da altre cucine e che sono da conservare per non perdere la tradizione culinaria padana.

Tra una ricetta e l’altra il libro ha un ottimo repertorio fotografico di clienti famosi come Zavattini innanzitutto ma anche Bernardo Bertolucci, Katia Ricciarelli, Ruggero Orlando, Tinto Brass, Gianni Brera, Renzo arbore, Orietta Berti, Flavio Bucci, Annie Girardot, e tanti altri che, magari ai più dicono poco ma che sono stati i protagonisti del panorama artistico italiano degli anni 60 e 70 che qui convenivano per le “maialate” avvolte nella nebbia padana (le maialate erano pantagrueliche mangiate a base di carne di maiale) .

Nizzoli a parte si possono percorrere in bicicletta gli argini di Po o di Oglio, con calma e si può arrivare fino alla confluenza dell’Oglio nel Po (Marcaria): si vedono le acque con diverse correnti e diverso colore che scorrono, per un breve tratto, separate per poi fondersi nel grande fiume.

Inutile dire che castelli, chiese e cascine completano il paesaggio oltre alle immancabili piantagioni di pioppi destinati, almeno un tempo, alla industria della carta.

E tra una pedalata e l’altra, una sosta gastronomica e l’altra quale potrebbe essere il luogo ideale per riposare e magari vivere una esperienza unica?

Il luogo ideale è Castelfranco d’Oglio borgo sonnacchioso di 100 abitanti dove si trova il B&B la casa nel Borgo, palazzotto neoclassico, che i proprietari, cultori del neoclassico, hanno restaurato e arredato con mobili stile impero conferendo al tutto una atmosfera in cui ti aspetteresti di trovare, seduta su una chaise longue, Paolina Bonaparte pronta per farsi ritrarre da Canova o Giuseppina Beauharnais che intrattiene gli ospiti quasi fossimo a Parigi e non nel parco dell’Oglio.

Castelfranco è il centro ideale per visitare, se si vuole, Cremona, Mantova e Parma ma sarebbe meglio godere della tranquilla e grassa pianura padana anziché tornare, ancora una volta nella città!

 

Che dire? più viaggio della semiotica ricco di segni, messaggi e significati non si può trovare.

Un paradiso da provare e per invitarti ad andare a conoscerlo trascrivo una ricetta di Arneo :

lo Zuc-Caramel

Si prendono 200 grammi di zucca, la si taglia a dadini e la si fa cuocere per circa 20 minuti in 350 grammi di latte unendo 2 cucchiai di zucchero ed una scorza di limone.  Poi si fa raffreddare e la si frulla.

In una terrina si sbattono 5 uova intere con 6 cucchiai di zucchero. Una volta montate le uova si  e aggiunge la zucca frullata.

Nel frattempo, con 4 cucchiai di zucchero si caramella uno stampo da budino di 25 centimetri di diametro dove si versa il composto. Si inforna a bagnomaria coprendo con carta stagnola. Lo zuc-caramel sarà cotto dopo circa mezzora, quando sarà dorato.
Buona degustazione!

 

N.B.  se clikki sulle parole sottolineate si aprono i link per navigare