Iran e la propaganda di Senofonte, Erodoto e dei  film

Iran e la propaganda di Senofonte, Erodoto e dei film

Se ti dedichi a studi classici prima o poi, anzi più prima che poi, incappi nelle Anabasi scritte da Senofonte che, per chi non avesse studiato letteratura greca, parlano del ritorno a casa dei “diecimila” mercenari greci assoldati da Ciro il giovane per usurpare il trono al fratello Artaserse II.

Poi incontri Filippide e la piana di Maratona, Termopili, Salamina, Platea e Erodoto e ti convinci che i Persiani, come li chiamavano i Greci, sono gente poco socievole guerrafondai e amanti dell’assolutismo contro la democrazia.

Si sa, il mondo occidentale, è la patria della democrazia contro l’assolutismo orientale.

Passano i millenni e arriva Mohammed Reza Palahvi, imperatore, che incorona sé stesso e la moglie Farah Diba in una sontuosissima cerimonia ricca di gioielli. La cerimonia, forse per amore del lusso e della pompa, un poco, ti fa cambiare idea sull’Iran.

I giornali però dicono che lo Shah guida un regime repressivo e corrotto che, per la ferocia con cui si sostiene, nel 1979 viene deposto a favore della libertà.

Arriva la teocrazia e la guerra Iran/Iraq (chi ha iniziato cosa? Mah) poi ci sono chiare evidenze che l’Iran sostiene il terrorismo e il film “Mai senza mia figlia” che racconta la storia di una madre con figlia al seguito che fugge da un regime oppressivo e maschilista e il libro “sulle ali delle aquile”  ti riportano a pensare che i Greci avevano ragione: i persiani sono il nemico, sono perfidi e antidemocratici.

Meglio stare alla larga.

Vero che tua zia ti aveva raccontato delle meraviglie della Persia, ma Lei ci era andata quando c’era Lui, lo Shah Mohammed Reza Palahavi, che viveva in un palazzo scintillante circondato da gioielli, bello e con una bella moglie: evidentemente la zia era stata influenzata dall’allure dell’imperatore.

Senofonte, Erodoto e la filmografia americana erano chiari: non bisogna andare in Iran!

Poi, insisti oggi, insisti domani qualcuno ti convince che l’Iran deve essere bello, che vale la pena andarci, che insomma si può anche visitarlo e tu ti convinci; sei Italiano, maschio che hai da temere?

Vai in Iran.

Iniziamo male: devi fare il visto di ingresso dichiarando questo e quello e poi in aereo le donne si devono mettere il velo, però ormai sei in ballo e voli….

Atterri a Teheran e ti pare di vedere pericoli ovunque.

Passi i controlli di immigrazione e dogana e quelle facce scure con barba nera e vistoso anello al dito (anche se di bella fattura) non promettono nulla di buono.

L’incontro con Teheran è peggio di quel che pensi: è colorata, rumorosa e caotica, molto caotica ma, tutto sommato piacevole alla vista.

L’albergo non così terribile il personale gentile e la cena, in un elegante ristorante dai soffitti dipinti ti apre il palato a gusti del tutto particolari: tanto per cominciare il riso con zafferano che accompagna tutte le pietanze.

E’chiaro che in Iran qualche cosa non quadra: si mangia bene e la gente è gentile e ti saluta!

Poi il giorno dopo vai al Museo Archeologico nazionale e da subito capisci che la storia, qui, è raccontata dal punto di vista dei persiani e ti si ribalta la prospettiva aprendoti un mondo.

Non è che i persiani facessero bene a invadere la Grecia, ma almeno noti che, dal loro punto di vista l’idea non era così sbagliata.

Ammiri l’arte e vedi che artisticamente, hanno uno stile tra asia e europa che è davvero bello, anzi…grandioso!

Segue la visita al palazzo della Shah, palazzo Golestan, complesso di edifici costruiti in varie epoche  e vedi la sala della incoronazione dello Shah e Farah Diba e le sale della dinastia Qajar che sono tutto uno scintillio di specchi e piastrelle colorate che creano atmosfere magiche e decidi che, forse, i persiani, hanno anche le loro ragioni.

Infine arrivi davanti alla porta dell’Iran, la torre della Libertà, fatta edificare nel 1971 dallo Shah per celebrare i 2500 anni dell’impero fondato da Ciro il Grande e li rimani estasiato: è una crasi tra architettura iraniana classica e post-classica.

La torre è alta circa 45 metri ed è completamente rivestita in marmo di Esfahan sapientemente lavorato. Il monumento comprende 8.000 blocchi di pietra magistralmente tagliati.

Per me è tra i capolavori dell’arte moderna assieme all'arco di Saarinen e poco d'altro.  

Forse sottovalutato dai vincitori perché simbolo del passato impero e dall’Occidente perchè è in Iran  ma è di una bellezza che merita di essere tramandata.

La torre è posta vicino all’aeroporto che, nel 1971, era internazionale ed oggi nazionale, ed è sulla direttrice verso il centro di Teheran cresciuta, negli anni, esponenzialmente ed era la porta di ingresso al paese per chi arrivava in aereo: oggi, soffocata dal traffico è una rotatoria che non la valorizza come merita.

E così, dopo aver ammirato la torre della Libertà ti convinci che hai fatto bene a visitare l’Iran e che il paese si ripromette di rubarti il cuore (come di fatto ha fatto).

Una nota: suggerisco sfogliare il libro di fotografie di Roloff Beny “Persia, un ponte di turchese” (lo si può acquistare in internet per pochi euro) edito nel 1976.

Il libro, commissionato da Farah Diba, presenta il paese al mondo ed è interessante sia per la qualità delle immagini che per aver fermato nelle immagini un paese che cercava uno spazio nella cultura al tempo egemonica, quella occidentale.

Oggi, dopo 45 anni, ancora si vede quel mondo fotografato nel 1976: è un viaggio altamente consigliato alla faccia della propaganda di Senofonte ed Erodoto.


N.B. clikka sulla fotografia per ingrandire l'immagine e vedere la torre