Il dolce ricordo della Siria

Il dolce ricordo della Siria

Amore e Nazione sono paragonabili?

Mi chiedo e chiedo a Te: è possibile paragonare un paese ad un amore?

Io, postomi di fronte a questa domanda dissi: non ne sono sicuro, anzi, no!

 

Poi se però penso che gli amori possono sbocciare al primo sguardo, improvvisi e travolgenti di quelli a cui non fai altro che pensare da quando ti svegli a  quando ti addormenti e che poi, per una ragione, quale che sia, terminano e ti fan soffrire e solo col tempo il dolore si lenisce  e poi pensi che questo ti è successo con un paese di cui ti sei innamorato senza sapere il perché e che improvvisamente ti sé stato vietato di vedere per ragioni che non comprendi o non vuoi vedere anche se sono sotto gli occhi di tutti e che solo dopo tanta malinconia il ricordo si nasconde  in qualche angolo remoto di te allora, si, un paese può essere paragonato ad un amore

 

Questo è quanto successo a me con la Siria: nel 1999 improvviso nacque un amore che nel 2011 è stato bruscamente interrotto. Senza una spiegazione.

Semplicemente non si è più potuto andare. Il terrorismo ha lacerato la Siria.

Un giorno ho ritrovato le fotografie scattate nell’ultimo viaggio in Siria, compiuto nell’estate del 2010 e il bel ricordo è tornato a farsi sentire.

 

La mia prima volta in Siria fu a Damasco dove presi contatto con monsieur Ghassan Chaine amabile organizzatore di viaggi e soggiorni con cui collaborai fino alla chiusura delle frontiere nel 2011.

Quando giunsi in Siria la lingua francese era, non dico diffusa ma conosciuta e la vecchia Damasco, quella cresciuta attorno alla grande Moschea, era animata, ricca di botteghe, di sontuosi palazzi e di case borghesi accomunati tutti dal fascino. 

I viali del mercato erano animati e colorati: forse solo in Iran ho rivisto quei mercati così colorati e ricchi di tutto.

La lettura di alcune storie de “Le mille e una notte” descrivono a pennello i mercati di Damasco come, ad esempio, ne “la Storia del facchino e delle ragazze” seppur racconto ambientato a Baghadad,   in cui si racconta  che una donna, bellissima, apostrofò un facchino e lui : “ …sollevò la cesta e seguì la donna, la quale si fermò davanti alla bottega di un fruttivendolo e comprò mele di Siria, cotogne ottomane, pesche di Amman, gelsomino di Aleppo, nenufar di Damasco, cetrioli del Nilo, limoni d’Egitto, cedri sultanini, mirto odoroso, reseda, camomilla, anemoni, viole, fiori di melograno e rose bianche moscate….” poi “ …la donna sostò ancora da un venditore di seccume da cui acquistava varie tipi di frutta secca e le caricava nella cesta ed infine si fermò dalla bottega del dolciere dove comperò un grande grande vassoio e lo riempì di ogni sorta di dolciumi, fra pasticcini, ciambelle moscate e imbottite, torrone gelato, confetterie, paste secche, torte e sfoglie imbiancate…”.

Il facchino seguì, con tutta la mercanzia, la donna fino a casa e il racconto prosegue: “…era una casa alta in costruzione, dalle mura solide, e la sua porta era costituita da due battenti di ebano ricoperti con lamine di oro rosso (rame)…..”. Entrando in casa e il facchino vide: ” una sala ampia, ornata e bella, arredata con mensole e vasche con giochi d’acqua, panche e sedili e cassoni ricoperti da stoffe molleggianti…”

 

Ebbene quel dì del 1999, a Damasco, passeggiando per la città vecchia dormii in una antica casa di mercanti e la descrizione del facchino, scritta forse 700 anni prima era ancora valida: le porte delle case, se aperte, non lasciavano immaginare cosa si sarebbe visto all’interno.  Si superava un portone e, improvvisamente, ti ritrovavi in un andito scuro e spoglio. Uno squarcio di luce ti faceva avanzare a tastoni nel buio che, venendo dalla forte luce esterna ti pareva ancora più buio e poi, davanti ai tuoi occhi abbacinati, improvviso,  si apriva un pardis, un paradiso (o giardino in lingua farsi) al centro del quale c’era una vasca con una fontana chioccolante, quattro nicchie con divani e cuscini sui quattro lati del giardino e profumi di zagare e gelsomino e fiori, tanti fiori.

Attorno al cortile la casa damascena viveva ed io, ora, rivado a quella bellezza e mi domando esisterà ancora? Monsieur Ghassan dice di si, che esiste ed è visitabile tutt’ora!

 

Della Siria ricordo Aleppo con l’animato quartiere del centro e la fortezza, il Krak des Chevalier fortezza crociata,  le norie e Latakia sul mar mediterraneo dove dissi, ad una sussiegosa ed esterrefatta signora. “ti farò provare sensazioni mai provate” ….che effettivamente provammo e che lei ancora ricorda e racconta.

Una precisazione le emozioni mai provate furono corsa e giravolte, a tutta velocità, con la moto d’acqua e ricordo il mare calmo, il sole del mezzogiorno, la signora, alto dirigente sindacale forse con qualche chilo che la ammorbidiva, io sciocco quarantenne, un poco ingenuo un poco play boy mancato, la inusitata proposta subito accettata e poi il divertimento,  le risate condivise dei giochi e la moto d’acqua nella baia dell’Hotel Le Meridien di Latakia.

 

Ma il ricordo più vivo è il museo di Damasco: aveva una disposizione museale vecchio stile con bacheche in legno e vetro e statue a cui ti potevi avvicinare senza allarmi nè barriere ed  era  un contenitore di capolavori, non tanto e non solo artistici ma della storia dell’uomo come la tavoletta con la scrittura cuneiforme o la statua di Mari .

Quando ci andai  per l’ultima volta nel 2010 c’erano 48 gradi a Damasco e la visita del museo acquistò ancora più fascino. In quel viaggio della Siria visitammo Damasco, Palmyra, Maaloula, Bosra e poi passammo in Giordania dove si vistò Petra e si dormì nel deserto del Wadi Rum in un campo tendato, uno dei pochi al tempo, forse il primo, dove si dormiva in tende fatte con le coperte  artigianali di lana di cammello ed infine un bagno nel mar rosso ed uno nel mar morto.

 

Quell’anno la temperatura in tutta la penisola arabica oscillava attorno ai 48 gradi. Aria calda proveniente dal sud era arrivata al mediterraneo. Ricordo il camminare per le vie piacevolmente calde della Damasco vecchia, cenare sotto una pergola di vite nel quartiere cristiano mentre un gruppo di saltimbanchi si esibiva, dormire (nuovamente) in case nobiliari trasformate in albergo. Mi sentivo damasceno, mi sentivo cavaliere nel Gran Tour: acquistai una tazza da tisana, francese, del XVIII secolo per definire al meglio la esperienza del gran tour.

il viaggio fu indimenticabile per il caldo certo, ma anche perché, l’anno successivo, in Siria, scoppiò la guerra.

Non so se civile o altro: il terrorismo arrivò in Siria e la colpì duramente.

Le notizie ci hanno detto che Palmyra è stata bombardata, il villaggio cristiano di Maaloula distrutto, il centro storico di Aleppo non esiste più.

Tanta bellezza e cultura andata perduta per sempre. Rimane la memoria, nel mia cuore, di un paese multiculturale ricco di bellezza che la lotta per sopravvivere ha trasformato, credo, in un ammasso di macerie fumanti. Non sono ancora tornato in Siria (2023) e non so come sia il paese. Ricevo messaggi di saluto, generici, da quello che fu il nostro corrispondente che mi invita a tornare a Domasco. Sono tentato!

Ho tristezza nel cuore ed ho paura che l’essere umano, guerrafondaio, abbia distrutto, qui o altrove, ciò che gli uomini, pacifici, hanno costruito nei secoli

 

E siccome ad ogni viaggio associo una canzone a Damasco associo "i tuoi particolari" di Ultimo (clikka sul titolo per ascoltare) 

Siria un viaggio della Semiotica difficile da dimenticare!