Icone e ricordi di Russia

Icone e ricordi di Russia

È molto probabile che [...] gli scopi di tutti i reggitori contemporanei del pensiero progressista europeo siano umanitari e grandiosi. Però a me sembra fuor di dubbio che se si desse a tutti questi supremi maestri contemporanei la piena facoltà di distruggere la vecchia società e di ricostruirla daccapo, ne uscirebbe una tale tenebra, un tal caos, qualcosa di talmente volgare, cieco e disumano, che tutto l'edificio rovinerebbe sotto le maledizioni della umanità prima di essere portato a termine. Perché una volta che ha rinnegato Cristo, la mente umana può arrivare a risultati stupefacenti. È un assioma.”

Taccuini 1880-81

Fëdor Michajlovič Dostoevskij (Mosca, 11 novembre 1821 – San Pietroburgo, 9 febbraio 1881)

 

Non ricordo chi contattò chi ma nel 1993 gettai le basi per una duratura e culturalmente fruttifera collaborazione di organizzazione di viaggi verso la Russia con la fondazione Russia Cristiana che, fondata da padre Romano Scalfi durante gli anni sovietici, nacque per portare la parola di Cristo nella Russia atea. La capillare conoscenza della Russia permise di avere una ottima rete di contatti: dissidenti, docenti, esponenti della cultura, professionisti, sacerdoti: una capillare conoscenza di persone  che desideravano far conoscere il loro paese dopo 70 anni di blocco contro blocco.

 

Si aprì così la porta verso la conoscenza della cultura russa e incontrai l’ortodossia, almeno quella iconografica, russa, oltre ai pensieri filosofici degli scrittori e viaggiai verso località meno conosciute ma “perle” di grande bellezza percorrendo i primi passi nella tecnologia: nel 1993 ebbi il personal computer portatile e la prima connessione internet. Sia la connessione che il personal erano lenti.

 

Nel 1991 alla fine del mese di Agosto c’era stato quello che si diceva essere la caduta del regime sovietico (assedio della Duma) e nel 1993 presidente della Russia era Eltsin.

Nel Marzo del 93 volai, per la prima volta, in Russia con tanta ansie e aspettative: immaginavo il paese grigio, freddo e triste (a prescindere dalla stagione). Atterrai a Mosca, utilizzando la compagnia aerea Lufthansa, con la speranza di vedere la neve ma, a Marzo, la neve è spesso scomparsa anche se si può ripresentare (prima cosa che imparai della Russia).

L’aeroporto Sheremetevo era come me lo attendevo: grigio. Il controllo per l’ingresso severo. Ti fermavi davanti ad un militare dallo sguardo indagatore ed uno specchio alle tue spalle permetteva il controllo anche del lato b.

Uscii all’aperto e respirai per la prima volta la Russia: l’aria era come la nostra e Oleg, il corrispondente locale, un ragazzo di circa 25 anni biondo e con verdi occhi a mandorla mi stupì per il suo essere un poco orientale un poco teutonico e con un inglese perfetto studiato all’Università di lingue di Mosca.

Sullo studio delle lingue nelle Università russe nulla da dire se gli studenti, mai stati all’estero, escono con questa proprietà di linguaggio e accento.

Mi sentii un poveraccio (linguistico) stante il mio forte accento dei paesi del mediterraneo mai perso nel corso del tempo.

 

Altra importante lezione: le distanze in Russia sono enormi. Nulla è vicino e penso di aver capito l’errore dei generali che vollero invadere il paese e , di norma, ritengono di sapere: la distanza fa la differenza! e un Occidentale l’anima russa non la comprenderà mai (se non troppo tardi)!

Dall’aeroporto al centro ci volle più di 45 minuti di auto in una epoca in cui non c’era traffico lungo questi viali ampi e pensati per flussi di veicoli molto maggiori di quelli che passavano. Si vedevano solo auto di fabbricazione russa.

Ciò che mi sorprese fu vedere la via Tverskaja, la via che collega il cuore della città, il Cremlino, all’Ovest, grande, anzi immensa e lunga ma con poco traffico; la Piazza Rossa non era attraversata da turisti, nessuno o pochi ristoranti (mangiai nel ristorante di cucina georgiana frequentato da Stalin)  l’albergo Intourist, poi demolito, svettava sul Cremlino e la Piazza Rossa, la Cattedrale di Cristo Salvatore non ancora ricostruita e, in ogni dove, buio (alla sera), e silenzio e sconforto ma forse era ciò che credevo di vedere:  sono cresciuto negli anni della guerra fredda e dei paesi “oltre cortina” e quei paesi dovevano essere, certamente, freddi, bui e culturalmente devastati.

La dimostrazione del crollo del potere operaio era evidente: solo i ricchi (Occidente) sono in grado guidare il popolo ad una vita migliore fatta di agi che ti fanno libero.

 

Ad onor del vero incontrai un paese con una forte identità culturale e di appartenenza ed una  cultura profonda e ricca da un lato speculativa, dall’altro carnale, che mi traghettò in un mondo nuovo quello delle icone e delle chiese, del lusso e della ricchezza.

Lusso e ricchezza in Russia? Forse in epoca zarista (per altro criticata da tutti) ma non di certo in epoca sovietica?

La domanda è: “Cosa è il lusso?” il Lusso è desiderare una cosa irraggiungibile e pertanto ti accontenti di soglie inferiori affannandoti a cercare di avere, magari, qualche cosa in più.

Ad esempio: sogno davanti ai fasti della monarchia britannica che, di certo, una istituzione benefica non è, ma per pensare di esserne assimilato, di farne anche lontanamente parte, compio un viaggio in Inghilterra con sosta ai Luoghi della monarchia!

Ebbene nella Russia Sovietica il sogno del lusso era diffuso e utilizzato come in occidente ma concesso dall’alto.

Ti comporti bene? Andrai in vacanza al mare in albergo con bagno in camera, pensione completa ed anche champagne e meglio ti comporterai più lunga sarà la vacanza e la camera avrà anche la vista mare.

In occidente sgobbi come un matto per permetterti una vacanza sulla Riviera Romagnola ma se hai sgobbato maggiormente vai in Versilia (devastata uguale ma con un allure più chic).

Pensi di premiarti da solo (ho lavorato sodo) nella realtà il sistema ti premia in base a quanta ricchezza tu sei riuscito a generare per altri sopra di te nella scala sociale.

 

Ecco come incontrai il Lusso in Russia e digressione sul socialismo a parte oltre a Mosca andai a San Pietroburgo (in treno) e ammirando il paesaggio (soprattutto nei viaggi seguenti quando allargai il mio campo di visite) russo così ben descritto da un suo figlio Aleksandr Isaevič Solženicyn (Kislovodsk, 11 dicembre 1918 – Mosca, 3 agosto 2008): “Percorrendo le strade della campagna della Russia, cominci a capire dov’è la chiave del pacificante paesaggio russo. È nelle chiese. Rincorrendosi per le colline, spuntando sui poggi, dominando i fiumi ampi come sovrane bianche e rosse, levandosi sulla trita e aspra realtà quotidiana coi loro campanili saldi e snelli, così diversi, esse da lontano si salutano a vicenda, da borghi sperduti, invisibili l’un l’altro, si tendono verso un unico cielo. E per campi e per prati, dovunque vaghi, lontano da ogni abitato, non sei mai solo: sovrastando la massa compatta della foresta, i mucchi di fieno accatastati e la stessa curva terrestre, la cuffia di un campaniletto ti fa cenno da Gory Loveckie, la Ljubici, da Gavrilovskoe.


Questa la Russia che anche io incontrai poi successe ciò che successe e allora il racconto prosegue così: “Ma quando penetri nel borgo ti accorgi che ti salutavano da lontano non dei vivi, ma degli uccisi. Le croci sono da tempo abbattute o ritorte; l’erbaccia cresce sui tetti e nelle crepe dei muri. Solo di rado sopravvive il cimitero intorno alla chiesa, con le tombe rovesciate. Le pitture dell’abside sono stinte dalle piogge di decenni e coperte di scritte oscene. Nell’atrio manovra un trattore tra botti di bitume. Oppure un camion affonda col cassone nella navata per caricare sacchi. In un’altra chiesa vibrano i torni. Questa è semplicemente chiusa a chiave e silenziosa. In un’altra e in un’altra ancora hanno sistemato i club locali: «Per una maggiore produzione di latte!», «Il poema della pace», «Le grandi gesta».

Gli uomini sono sempre stati venali e spesso malvagi. Ma quando si spandevano i rintocchi della sera, diffondendosi sul villaggio, sui campi, sul bosco, ricordavano che bisogna lasciare le meschine cure della terra, dare tempo e mente all’eterno. Questi rintocchi, che soltanto una vecchia canzone oggi ci tramanda, impedivano agli uomini di abbandonarsi sulle quattro zampe. In queste pietre, in questi campanili i nostri avi hanno messo il meglio di sé stessi e tutta la loro concezione della vita.” dai Racconti minimi

 

Riandando all’inizio di questo scritto e riprendendo Dostoevskij “Perché una volta che ha rinnegato Cristo, la mente umana può arrivare a risultati stupefacenti” invito ad ammirare il profilo del Cremlino di Rostov Velikij (in immagine) ascoltando la musica dei battellieri del Volga (versione un po datata forse)  sperando che, a breve, non accada di rinnegare Cristo anche in Occidente se-dicente cristiano anche se….