Dubbio e Pace

Dubbio e Pace

Cosa è il dubbio e cosa la pace? La Domanda che pare banale presuppone così estese considerazioni che non avrà mai risposta esaustiva  ed i viaggi della semiotica vuol dire, o meglio scrivere un proprio punto di vista posto che la parola pace occupa giornali, televisione e informazione in generale  mentre di dubbio non se ne parla più.

 

Il dizionario Treccani fornisce  delle due parole la seguente definizione:

 Il DUBBIO* è un’incertezza, un’esitazione nell’esprimere un giudizio o nel prendere posizione su un argomento (avere dei dubbi in materia di religione; mi sorge un d.; nutro molti dubbi sulla possibilità di riuscire); quando è usato con una negazione, esprime il suo contrario, cioè la certezza (non c’è d.; non c’è ombra di d.; è fuor di d.; non c’è purtroppo alcun d. sulla sua colpevolezza).

 Il dubbio è anche lo stato d’animo di chi vive questa incertezza (nel d., astieniti dal giudicare; preferisco conoscere la verità piuttosto che rimanere nel d.; sono in d. se restare o partire), oppure, con significato più concreto, un dubbio è ciò che è materia di incertezza o di discussione, ovvero un punto oscuro, controverso (ci sono ancora molti dubbi nell’interpretazione del sonetto; la traduzione di questo passo presenta parecchi dubbi). La parola dubbio può essere usata anche con funzione di aggettivo, e si dice di ciò che dà motivi di dubitare, e dunque di ciò che è incerto o ha un significato poco chiaro, discusso (esito d.; frase dubbia; passo di dubbia interpretazione).

 

La PACE* è condizione di normalità di rapporti, di assenza di guerre e conflitti, sia all’interno di un popolo, di uno stato, di gruppi organizzati, etnici, sociali, religiosi, ecc., sia all’esterno, con altri popoli, altri stati, altri gruppi: periodo, stato, tempo di p.; la difesa della p.; mantenere, consolidare la p.; fare, promuovere una politica di p.; godere di una lunga p.; un corteo, una manifestazione per la p.; gli ideali della p. universale; la p. europea, la p. mondiale; nel paese regnava la p.; popoli confinanti che sono sempre vissuti in p. tra loro; p. rafforzata, istituto giuridico proprio del Comune cittadino medievale, consistente nell’imporre pene aggravate per i casi di violazione dell’ordine e della pace in luoghi o in circostanze determinate

In senso esteso la pace è anche: Buon accordo, armonia, concordia di intenti tra due o più persone, nei rapporti privati o anche nella vita sociale: in quella famiglia non c’è più p.; è finita la p. di casa; sono tornati in p. tra loro; tacere per amore di p.; fare, rifare p. (o la p.), cessare i litigi, ritornare al buon accordo, in alcuni casi suggellandolo anche con una stretta di mano o altro segno esteriore;

E’ anche Condizione di tranquillità materiale, di riposo, di quiete

Infine è una locuzione che esprime una forma d’implorazione con cui, in giochi infantili che implicano una qualche contesa, si chiede la cessazione momentanea del gioco stesso; santa pace! (esclamazione familiare d’impazienza)

*Dizionario Treccani

 

Al tempo del liceo, quando studiavo gli storici di epoca greca e romana i professori, tutti, non si stancavano mai di ripetere che gli storiografi sia quelli latini che quelli greci raccontavano si la realtà ma, quella che raccontavano, era la verità edulcorata perché il “padrone”, colui che comandava,  voleva che la storia raccontata fosse la sua che non era una storia falsa era il suo punto di vista.

 

Tacito era certamente l’autore su cui maggiormente venivamo messi in guardia: Senatore romano fu all’interno della cerchia del potere e raccontò la storia ufficiale quella che il potere voleva.

Quando traducevamo un brano di Tacito ci veniva instillato il dubbio che la sua non fosse la vera verità ma quella del potere. Nulla di nuovo poiché anche Virgilio con la sua Eneide esaltò Augusto e il suo potere e, di certo, Augusto non può essere definito un buon padre di famiglia   che si fa carico della cura del prossimo. Sottomise gli avversari, distrusse un regno e uccise il figlio di chi, comunque, lo nominò erede per il potere supremo. Virgilio lo cantò.

Svetonio, con la sua vita dei Cesari, veniva tradotto come la favola di Esopo: i testi erano pura favola accurati nel racconto ma influenzati dalla storiografia di potere.

Del resto come è possibile sopravvivere se non ti chini al potere e vuoi essere giornalista o scrittore o storiografo?  Difficile se non impossibile.

 

In filosofia si studiava Socrate e ci veniva detto che fu ucciso con l’accusa di corrompere i giovani e negare gli dei: la sua colpa era quella di insegnare a pensare in autonomia a giungere alla sintesi dopo aver esaminato, nella sua interezza, la questione. Il punto su cui i professori insistevano era il libero pensiero o meglio pensare liberamente per giungere alle proprie conclusioni.

 

Autori come Ariosto o Tasso erano ammirati da un punto di vista stilistico ma la loro vita definita servile mentre Dante era l’esempio di chi paga sulla propria pelle il coraggio delle idee.

Per farla breve ci insegnavano, anche attraverso il pensiero di altri che le fonti ufficiali, quelle che diffondono le notizie devono essere, prima di essere accettate, attentamente passate alla lente di ingrandimento ricordando che il dubbio, quel sano dubbio, è la base della libertà. Chi dubita è libero mi dicevano!

 

All’università mi insegnarono che il dubbio è alla base della ricerca scientifica: se Galileo non avesse avuto un dubbio la terra sarebbe ancora piatta e non rotonda. Ma sarà davvero rotonda? Oggi li chiamano terrapiattisti ma tu hai conosciuto chi la terra la ha vista dall’alto? Non credo!

Dubitare dunque per giungere al vero questo ci insegnavano anche se, dall’altra parte, nella lezione di storia ci dicevano che tra il 1848 ed il 1860 l’Italia era infiammata da un vento di libertà che portò alla unificazione del regno.

Dopo aver anche solo pensato agli sconvolgimenti ottocenteschi ed alla perdita di ricchezza dovuta al cambio, forzoso, di moneta ed averlo vissuto nel 2000 (Lira/Euro) mi sorge il dubbio che non proprio tutti gli italiani fossero così ansiosi di essere uniti ed il dubbio che questa epopea rinascimentale sia un poco artefatta, come gli Annales di Tacito, mi sfiora.

Gli illuminati forse agognavano una Italia unità ma che tutti sognassero una italia non più sotto il giogo straniero io il dubbio lo ho. Del resto oggi non mi pare che nessuno voglia allontanare il giogo straniero che ci attanaglia ed anzi mi paiono tutti ben felici o forse ignavi.

 

La pace è conseguenza del dubbio: se dubito che la cosa sia ingiusta, nel dubbio, cerco di chiudere, di arrivare ad un accordo, ad una pace che non è mai giusta ma almeno è assenza di guerra.

 

E alla domanda “l’essere umano oggi  vale o è solo carne da macello per i potenti?” cosa rispondere ?  

Per Augusto era carne da macello, per Napoleone era carne da macello, per Vittorio Emanuele III che mandò alla morte milioni di uomini, l’uomo era di certo carne da macello oggi  no, l’uomo non è carne da macello ed infatti si fanno le guerre per difendere il sacro suolo della patria (concetto risorgimentale per giustificare le carneficine)  o per portare la democrazia ossia il potere del demos, del popolo, a chi non sa cosa sia il governo del demos!

O non è così? Ho un dubbio!

 

L’immagine che apre questi pensieri è ciò che resta di Hiroshima e mi rimanda ad una considerazione fatta a seguito delle immagini del G7 tenutosi in quella città: 7 stati che, insieme , non fanno 1 miliardo di persone e che non possiedono, o possiedono in misura minima materie prime si dicono i Grandi. Ma siamo sicuri che siano cosi grandi? 

Un dubbio che la storiografia odierna non sia diversa da quella di Tacito non sfiora nessuno? Un dubbio, solamente un dubbio,  non si affaccia nemmeno a te che leggi?

 

Alla fine di questo scritto posso dire che se dubito mi rendo conto che la storia raccontata non è la mia storia e che ciò che viene tramandato non è ciò che fu ma ciò che si impone (guarda il film Rashomon del 1950) e pertanto, nel dubbio di essere turlupinato chiedo la pace.

Dubbio e pace!

Ma ormai il dubbio è stato cancellato dalla mente umana e la pace non è l’assenza di guerra ma  produrre armi che salvano la vita, ammazzando altri.

Eh si le armi sono dei salvavita. Io sono pacifista e le armi non sono, mai, dei salvavita ma sono strumenti di morte.

 

Leggere testi alternativi, che magari la sparano grossa ma che esprimono idee differenti  da quello ufficiali non è possibile? ad esempio leggi qui  e tante altre fonti. Non attendibili? forse. attendibili? Forse. Il dubbio aiuterà a capire.

Ma il dubbio che ciò che fu  possa non essere come viene raccontato non sfiora ormai più la mente di quelli che furono soggetti pensanti.

 

E ascoltiamoci Luigi Tenco che magari, chissà, un giorno cambierà!